La storia di un viaggio. Dapprima verso le vette dell’Himalaya, e poi verso il continente indiano. Recarsi in seguito nella terra del Sol Levante, ricercando le proprie radici, e fermandosi ad esplorare i luoghi che conservano l'antico insegnamento buddista. E poi tornare in India, e viverla, tentando di comprenderne l’essenza. Infine, ritrovarsi nuovamente a casa nel piccolo Tibet indiano, che con dedizione e compassione continua a insegnare la via verso la conoscenza della vera natura dell’essere umano.

Monday, April 11, 2011

Tokyo un mese dopo.

mappa terremoto-tsunami, epicentro
Sono trascorsi due mesi e mezzo dall'ultima volta che ho sono stata in Giappone. E un mese esatto dallo tsunami dell'11 marzo 2011.
Per una sottile coincidenza lo stesso giorno in cui il forte sisma ha colpito la costa nordest del Giappone, ho ricevuto una mail di conferma del mio volo Bangkok-Tokyo previsto per il 22 marzo.
Iwate, Ibaraki, Miyagi, Fukushima, sono le prefetture che hanno visto vittime e devastazione a causa dell'incontrollabile violenza della natura. Oltre 27mila i morti e i dispersi. Tokyo, che conta oltre 30 milioni di abitanti, pur essendo stata distante 400 km dall'epicentro, si è letteralmente bloccata. Elettricità, linee telefoniche, treni... tutto ciò che sostiene e permette la vita della megalopoli semplicemente non funzionava più. E poi la corsa verso i supermercati per accaparrarsi scatolette di cibo, bottiglie d'acqua e, chissà poi perchè, carta igienica. Chi è rientrato a casa dopo tre, cinque, sette ore di cammino (le distanze a Tokyo sono inimmaginabilmente lunghe), chi è rimasto a dormire in strada o in stazione, chi in ufficio o a scuola. 
Al panico degli abitanti, si sono aggiunti poi i reportage catastrofici della stampa internazionale. "Apocalisse in Giappone" sulla prima pagina dei maggiori quotidiani esteri per oltre una settimana dal giorno del terremoto. 
E infine l'emergenza nucleare. L'esplosione nella centrale di Fukushima, le fughe radioattive, l'incapacità generale di tenere sotto controllo l'arma piu micidiale e potente che l'umanità abbia mai avuto: l'energia nucleare. Ancora oggi, a un mese di distanza non è ben chiaro quel che sta accadendo a Fukushima. 
E se da una parte si hanno notizie esageratamente apocalittiche da parte dei quotidiani esteri, dall'altra, la stampa giapponese sminuisce vergognosamente (?) l'accaduto e le conseguenze.
Dieci giorni dopo il terremoto la situazione era ancora instabile, notizie allarmanti apparivano ovunque su siti internet, voli bloccati, ambasciate straniere che richiamavano in patria i cittadini. Tokyo si era completamente svuotata di tutti coloro che risiedevano "temporaneamente" nella città. 
Io, personalmente, ho viaggiato un giorno e una notte per raggiungere Bangkok, contattare China Eastern Airlines al fine di posticipare il mio volo. Non ci credevo quando con voce gentile e disponibile  mi veniva semplicemente domandato in che data avrei voluto volare per Tokyo. Nessuna penale, neppure per i voli acquistati online da motori di ricerca per biglietti lowcost e lastminute. Anzi, rimborso totale, se si desiderava. E poi, la corsa verso Ranong (Byrmania), l'allungamento del visto per la Thailandia, ancora una decina di giorni prima di raggiungere la terra del Sol Levante.
Sono atterrata a Narita il 4 aprile 2011. Non era cambiato nulla dall'ultima volta che ero stata in questo aereoporto. Apparentemente. Il solito via vai, i controlli alla dogana, la ricerca frenetica del treno Narita-Tokyo Station, gli stranieri che appena scesi dall'aereo inspiegabilmente si dissolvono e nel giro di pochi minuti ci si trova complemente circondati da soli giapponesi. Il primo incontro è un signore inglese di mezza età. E' arrivato a Tokyo per cercare qualche lavoro di volontariato nelle zone colpite dal sisma, e ha un grosso zaino pieno di vestiti da portare alla croce rossa giapponese. Ma non sa nemmeno dove sia e come si organizzi. 
Nel giro di un paio di ore raggiungo la stazione di Komagome, con l'aiuto di una ragazza non troppo generosa di sorrisi, appena rientrata dalle Hawaii "not for having fun, but jut for a conference", che mi spiega che "right now it is a really hard time for Japanese people". Appena (ri)entrata nella vita di Tokyo mi accorgo che qualcosa è profondamente cambiato. Non solo non c'è traccia di stranieri, ma i giapponesi hanno uno sguardo leggermente e quasi impercettibilmente indignato. Credo non siano stati molto felici di vedere stranieri scappare da Tokyo. Comprensibile, per alcuni aspetti. Tuttavia, per quanta comprensione io possa avere, ammetto di essermi "leggermente" alterata per la loro testardaggine, tale da non permettermi di utilizzare internet in un comunissimo internet point per il solo fatto di non ricordarmi l'indirizzo giapponese di residenza. "The law, Japanese law", dicono loro, eh si..."flexibility, awareness and consciouness", direi io. 
Ma i giapponesi hanno un modo tutto loro di agire e reagire. Mayo abbassa lo sguardo quando le chiedo cosa pensa di quello che è accaduto al Giappone e della questione nucleare. Ha ventidue anni e studia legge all'Università di Tokyo. Mi racconta di Hisako, una sua amica che è partita per fare volontariato nelle aree devastate dallo tsunami. Era incaricata di distribuire onigiri (polpette di riso) ai senzatetto. Le avevano raccomandato di sorridere sempre, qualsiasi cosa avesse visto e sentito. Ma non le avevano spiegato il dolore e la devastazione umana che avrebbe dovuto affrontare nello sguardo di quegl'uomini dispersi.
Tsubasa, invece, dopo essere rientrato dal lavoro alle h.26.00 (2 a.m.) mi osserva sbigottito. No, non c'è alcun problema a Tokyo, tutto regolare. Vicino a Fukushima sì, la situazione non deve essere facile, ma dopo quasi 17 ore di lavoro in qualità di "manager consultant", non ha molta voglia di parlarne. Si prepara un piatto di pasta alla carbonara preconfezionata, mezz' oretta di playstation e corre a letto. Lui ha ventitrè anni, ne ha vissuti sette negli Stati Uniti e si è laureato a Tokyo.
Diversi sono i pochi stranieri rimasti in Giappone. Appena ti incontrano domandano che ci fai in Giappone ora (o ancora), tra tsunami e radiazioni sono fuggiti tutti, dicono. Raccontano nei dettagli le ore di panico che hanno invaso Tokyo, commentano, giudicano, criticano la stampa giapponese ed elogiano il sentimento di solidarietà del popolo nipponico. E lo ammirano, forse anche con po' di invidia e rabbia, per la facilità e semplicità (a tratti incoscienza totale!) con cui accettano tutto ciò che accade. Perchè in fondo altro non è che il corso degli eventi naturali, contro il quale semplicemente shoganai (non ci si puo' far nulla).





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